Come decidere la sorte di un solaio…
I solai “SAP” rappresentano una tipologia di solaio storico introdotto in Italia intorno al 1930 e sino agli anni ’60. Sono caratterizzati da una buona capacità portante e da un peso ridotto in quanto costituiti da travetti di laterizi assemblati mediante barre lisce inserite in apposite tasche e sigillate con malta cementizia.
Per la loro natura non sono facili da consolidare pertanto, se integri e ben conservati forse è da chiedersi se sia strettamente necessario dover intervenire.
Purtroppo capita di ritrovarci davanti a travetti mal messi:
❌ con distacchi di laterizi che mettono a nudo le barre;
❌ danneggiamenti per il passaggio di impianti o canne fumarie
❌ eccessive vibrazioni/deformabilità per grandi luci
Prima di passare alla demolizione e ricostruzione possono essere presi in considerazione una serie di possibili interventi più o meno conservativi.
Diagnosi
Per progettare un intervento di rinforzo dei solai in elementi tipo SAP dobbiamo partire dallo studio delle condizioni al contorno, quindi:
- tipologia della struttura, intesa come Unità Strutturale, e valutazione delle vulnerabilità complessive;
- stato di conservazione del solaio;
- geometria del solaio e del contesto;
- possibilità di intervenire dall’estradosso o dall’intradosso;
- budget a disposizione, stimando le finiture e l’impiantistica connessi con l’intervento;
- ecc….
Questi sono solo alcuni degli aspetti importanti da prendere in considerazione nella progettazione di un intervento di riabilitazione strutturale, che sia locale o globale, della struttura.
Analizziamo di seguito una serie di possibili interventi più o meno invasivi.
Travi rompitratta all’intradosso
L’inserimento di travi in acciaio rompitratta, poste all’intradosso del solaio, rappresentano, il più delle volte, la soluzione più veloce ed economica ed efficace nello scenario dei possibili rinforzi.
Va attentamente valutata la luce delle pareti nella direzione ortogonale a quella di giacitura del solaio.
Per luci di modeste dimensioni possiamo pensare di utilizzare travi di sezione tipo HEA140 (24,66 kg/ml) o HEB120 (26,69 kg/ml) (le travi andranno opportunamente verificate), se andiamo oltre risulta difficoltosa la messa in opera, in quanto parliamo sempre di edilizia un pò più recente, quindi è facile che le altezze di interpiano non superino i 3,00, le stanze sono più piccole, le murature potrebbero presentare scadenti caratteristiche di resistenza, come ad esempio le murature in elementi forati, ecc….
La manodopera stessa si trova in difficoltà nel sollevare fino a soffitto un peso eccessivo, la trave quindi andrebbe divisa in più parti, minimo 3 per non giuntarla al centro.
Per evitare di passare a profili tipo HEA160 (30,44 kg/ml) o HEB140 (33,72 kg/ml), rimanendo nella semplicità dell’intervento, senza giunzioni, si può pensare di ricorrere all’uso di travi IPE accoppiate tipo IPE160 (15,77 kg/ml) fino ad IPE200 (22,36 kg/ml).
Il fatto di essere accoppiate migliora notevolmente la resistenza nei confronti dello svergolamento.
Nei casi in cui le luci risultano importanti, oppure si hanno problemi di appoggio nella muratura, per la presenza di vuoti quali nicchie, camini, ecc, si può pensare di ricorrere ad una doppia orditura di travi.
Infine, le travi rompitratta possono sempre essere abbinate a cordolature perimetrali eseguite all’intradosso mediante l’uso di piatti (fasce metalliche), o angolari, opportunatamente ancorati alla muratura mediante barre filettate inghisate in perfori e saldati alle teste delle travi stesse.
L’uso di piatti consente anche di nascondere parzialmente l’intervento perimetrale sotto-intonaco; i piatti dovranno presentare dei fori svasati per alloggiare la saldatura delle barre filettate che andranno prima inghisate nella muratura, tensionate con un’apposita campana fatta ad hoc, saldate e poi tagliate.
In tal modo si ottiene un intervento poco invasivo a livello estetico ma altamente funzionale in quanto il cordolo è già precaricato, a differenza degli interventi passivi ai quali serve una deformazione per essere chiamati in causa.
L’intervento potrà poi essere concluso lasciando le travi a vista o rivestite da un cassettone o un controsoffitto in cartongesso.
Consolidamento all’Estradosso con demolizione parziale
Qualora le condizioni non consentano l’inserimento di travi rompitratta dal basso, si può eseguire un intervento che preveda la demolizione di un travetto tipo SAP ogni 4/5 (in base alle verifiche), realizzando una trave in cemento armato alleggerito.
La capacità portante e la rigidezza del solaio aumentano notevolmente, così come il suo peso, aspetti da valutare attentamente.
L’impresa ci odierà a morte, in quanto armare i singoli travetti non è cosa semplice, ma il risultato ne ripaga gli sforzi.
Il solaio andrà puntellato e casserato al fine di contenere il successivo getto di calcestruzzo alleggerito, i puntelli dovranno rimanere fino a maturazione (28 gg circa).
Consolidamento all’Estradosso con malte a basso spessore
Altra soluzione possibile riguarda l’uso di malte a basso spessore (2 cm circa), si tratta di malte tixotropiche molto performanti, in quanto additivate anche con fibre in vetro o acciaio INOX.
La collaborazione dei singoli travetti con la soletta è demandata tutta all’ingranamento e all’attrito nella superficie di contatto tra travetti e malta.
Non si ha la possibilità di inserire connessioni meccaniche in quanto i laterizi all’interno sono vuoti, non avrebbe senso.
Possono essere abbinate all’esecuzione di perforazioni perimetrali con barre in acciaio inghisate e
proseguite all’interno del solaio per circa un metro; il diametro sarà ridotto per il basso spessore della soletta, quindi fi8/10.
Particolare attenziona va posta nella fase di demolizione per no compromettere l’integrità dei travetti esistenti.
Per testarne l’effettiva efficacia occorrerebbe fare una prova di carico in quanto non si hanno molte possibilità di calcolo a livello analitico, il che, per un corretto dimensionamento dell’intervento fa lievitare i costi.
Anche in questo caso la puntellatura del solaio andrà mantenuta per i giorni necessari alla maturazione del getto che saranno ridotti rispetto ad u getto ordinario.
Conclusioni
Come analizzato, negli interventi di Riabilitazione Strutturale, non esiste una soluzione unica, ogni intervento va valutato sotto diversi aspetti, la parte di diagnosi, spesso trascurata, è sempre di fondamentale importanza per la corretta definizione dello stato di salute della struttura.
Spesso però ci troviamo impossibilitati ad eseguire un piano di indagini accurato, che andrebbe poi giustificato al committente, talvolta gli interventi supposti in fase progettuale devono essere ripensati in fase di esecuzione dei lavori.
Mai dare niente per scontato, ma è il bello del lavoro dell’ingegnere.
Buona progettazione a tutti!
A presto Marco